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Costa d'Avorio e Turchia: i due attentati 

di Andrea Bergamaschi

Due gravissimi attentati si sono verificati in Turchia, ad Ankara e in Costa d'Avorio, nella località del Grand-Bassam il 13 marzo scorso.

Costa d'Avorio: attacco ai resort

 

In Costa d'Avorio un commando armato ha attaccato tre resort a Grand-Bassam. Secondo alcuni testimoni gli assalitori sono arrivati dal mare e hanno separato sulle persone in spiaggia gridando "Allah Akhbar".

Il bilancio è stato di 16 morti, di cui 14 civili e due membri delle forze speciali ivoriane, intervenuti sul posto durante l’attacco; tra le vittime ci sono anche 4 europei.

Il presidente Ivoriano Alassane Outtara ha dichiarato pubblicamente che i sei terroristi sono stati uccisi dalle forze di sicurezza, annunciando poi che l'attentato è stato rivendicato dal movimento jihadista dell'Africa occidentale che prende il nome di Al Murabitun. Tale movimento, che ha assunto questo nome in ricordo dei guerrieri musulmani, segue gli ordini del successore di Osam Bin Laden, Ayman al-Zawahiri, attuale massimo esponente di Al Qaeda.

 

Turchia: bomba ad Ankara

 

La Turchia invece è stata colpita da una forte esplosione di una bomba nella capitale che ha causato la morte di 37 persone e il ferimento di circa 125.

Si è trattato di un'auto carica di esplosivo che si è schiantata contro un autobus nei pressi di una fermata di Gouvenpark.

L'esplosione molto potente ha causato una strage visto che alla fermata si trovavano molte persone in attesa dei mezzi pubblici. Nella zona inoltre è presente una stazione dei treni e una stazione della metropolitana quotidianamente piuttosto trafficate. Il presidente Erdogan ha parlato di terrorismo accusando il PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan), partito politico paramilitare illegale che si oppone alle istituzioni della Turchia per la difesa dei diritti del popolo curdo.

Di questo evento colpisce particolarmente il fatto che i due attentati, rivendicati da due diversi gruppi terroristici  siano avvenuti quasi simultaneamente. Ciò dimostra che il terrorismo non è solo ISIS, ma si tratta di un fenomeno globalmente esteso, capace di essere una minaccia che può colpire chiunque in qualsiasi parte del mondo. Lo scopo di questi terroristi è il motivo politico e religioso attraverso il terrore e causare morte. Quale strumento possiamo utilizzare per cercare di allentare questa minaccia? La risposta è complicata poiché la guerra non è mai una soluzione e probabilmente aggraverebbe la minaccia scatenando ancor più attacchi terroristici. Tuttavia la situazione diplomatica e pacifica non porterebbe a risultati migliori.

 

A tale proposito riprorto una piccola parte di un articolo, molto interessante, scritto da Stefano Stefanini, il quale riporta alcune riflessioni relative alla “guerra” allo Stato Islamico:

 

“Non verremo mai a capo di questa minaccia se non uniremo a un forte impegno diplomatico e politico anche lo strumento militare con più determinazione e coraggio di quanto abbiamo fatto finora. Sappiamo "dov'è" Isis. Conosciamo la sua capitale in Siria, le città dove esercita il suo barbaro potere con violazioni orrende dei diritti umani, conosciamo le basi sul litorale libico.

Sono vulnerabili ai mezzi di cui disponiamo, ma esitiamo ad usarli.

I due attentati di ieri sono lontani dall'Italia e dall'Europa. Possiamo continuare ad illuderci che la distanza basti a darci una certa sicurezza."

 

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