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Analisi del caso Volkswagen:

Quale Dieselgate?

 

 

di Pier Luigi Guarniz e Tommaso Parachini

 

 

 

Il 22 settembre 2015 la casa automobilistica Volkswagen è stata al centro di un grave scandalo ecologico che ha compromesso non solo il mercato, ma anche l’immagine della nazione tedesca, in quanto la Germania è da sempre considerata un simbolo di efficienza. Quali che siano i riverberi e le eco che questa notizia ha generato, tutto prende inizio da alcuni controlli che la casa automobilistica ha subìto sui suoi veicoli diesel a bassa cilindrata dalla I.C.C.T.

 

 


 

La International Council On Clean Transportation, è una associazione che opera in tutto il mondo e ha come obiettivo la riduzione dell’inquinamento causato dai mezzi di trasporto. A tal fine ha le competenze, gli strumenti e l'autorizzazione per effettuare controlli e denunciare irregolarità.

Nel caso specifico, le difformità riscontrate durante i controlli in casa Volkswagen riguardano le emissioni di ossido di azoto, molto nocivo e assai difficile da abbattere dai consueti catalizzatori, specie nei motori diesel. Per questo esistono degli standard di emissione da rispettare, in particolare in America (95 g/km), dove essendo più sensibili al problema

applicano misure restrittivepiù rigorose in confronto all'Europa (115 g/km). Sembra infatti che proprio per questo motivo il colosso tedesco abbia modificato il software della centralina dei motori con lo scopo di passare gli esami in fase di omologazione per il mercato americano.

Tramite dei test a campione effettuati su strada alle automobili Volkswagen hanno capito che l'Azienda aveva fatto in modo che le emissioni risultassero nei valori consentiti dalla legislazione. Un duro colpo per l’azienda tedesca.

Questo fatto ha fortemente compromesso l'immagine della Volkswagen facendola perdere di credibilità; di conseguenza si è visto un crollo delle vendite e del valore delle azioni in borsa. Infatti il titolo ha perso quasi il 35% del valore in pochi giorni.

Il pessimo andamento del titolo è da attribuire al previsto crollo degli utili dovuto agli ingenti costi che la società dovrà sostenere per il richiamo e la manutenzione di tutti i veicoli non conformi e alle multe milionarie che le varie autorità dei singoli paesi commineranno alla società.

È da sottolineare che ci sono circa 11 milioni di veicoli VW fuori norma il cui richiamo genererà incrementi di costo nell'ordine di diversi miliardi. Al solo titolo d’esempio, si pensi ai costi postali inerenti il richiamo di milioni di vetture.

Questi colossi statunitensi non solo devono fronteggiare la concorrenza nazionale, ma devono anche difendersi da quella delle case automobilistiche europee che vendono auto nel Nord America, come la Volkswagen.

Quindi il fatto che, dopo lo scandalo, la compagnia tedesca abbia dovuto ritirare 900.000 veicoli "fuori legge" presenti nel mercato nordamericano e abbia peraltro deciso di sospendere le vendite, ha dato alla General Motors un’occasione d’oro per espandere le sue distribuzioni.

A questo punto però sorgono alcune domande. Per quale motivo la I.C.C.T. ha eseguito dei controlli proprio su quei veicoli?

Proviamo a mettere assieme alcune ipotesi:

 

1- Cominciamo col rilevare un dato: successivamente allo scandalo, la quota di capitale posseduta dalla famiglia Porsche (uno dei tre principali azionisti del gruppo Volkswagen) è passata dal 48,4% al 52,2%. Questo può significare che abbiano approfittato del momentaneo crollo del titolo azionario per fare spesa di azioni. Inoltre va detto che tutti i principali dirigenti della Porsche sono diventati membri del consiglio di amministrazione VW e Matthias Muller, ex dirigente della Porsche, è stato nominato nuovo capo del consiglio di amministrazione.

Quindi la Porsche dopo lo scandalo, attraverso la cessione delle azioni da parte di piccoli azionisti come la Suzuki che possedeva l'1,5%, è riuscita ad ottenere la maggioranza assoluta. Questo sembra un buon movente per far scoppiare un Dieselgate.

2- Non è un segreto che la Commissione all'industria Europea fosse stata informata già dal 2012 da Antonio Tajani, ex commissario all’industria, sull’esistenza di pratiche scorrette da parte di Volkswagen. Ma la Commissione all’epoca decise di non prendere provvedimenti anzi, sembra che abbia voluto ridimensionare la situazione fino ad oggi. Negli ultimi periodi infatti la I.C.C.T ha iniziato ad indagare portando alla ribalta mondiale lo stato reale dei fatti.

 

3- Da ultimo non si può non sottolineare che il Dieselgate abbia giovato a molte aziende automobilistiche d’oltreoceano. Senza dubbio molte di esse hanno tratto vantaggio dal caso Volkswagen, tra cui: General Motors (che produce i modelli Chevrolet, Cadillac e Opel), Ford e Chrysler.

Il sospetto che si tratti di una mossa del mercato concorrenziale cresce a mano a mano che emergono dati sulla vicenda che diventa ancor più grave se si pensa al “doppio colpo” che essa ha provocato: il primo al marchio tedesco, il secondo allo Stato.

Il caso Volkswagen, infatti, ha evidenziato carenze nel "modello  di efficienza e produttività tedesco" che si basa principalmente su questi punti:

1) "Debito" in tedesco vuol dire anche colpa ("derivante dalla cultura protestante), chi non ha i conti a posto è dunque colpevole. Utile per capire l'intransigenza verso le cicale mediterranee.


2) L'etica calvinista vale soprattutto per i tedeschi e poi per gli altri. Il senso di moralità della vita politica ed economica

è rivolto soprattutto verso gli stessi tedeschi in prima persona, ai quali viene chiesto coerenza nel fare le cose.

 

3) Rispetto per l'ambiente. Fine del nucleare e politiche a favore delle energie rinnovabili. Su questo Berlino non scherza: piste ciclabili , cauzione per ogni bottiglia di plastica restituita ai supermercati.

 

4) Avere visione di medio lungo periodo. Non si vive solo nel presente come fanno gli italiani, ma si cerca di programmarsi mantenendosi pronti nel cassetto un piano B se le cose dovessero cambiare.

 

5) Affrontare la globalizzazione cercando di essere i migliori nel mondo. Se non ci riescono al primo colpo, ci riprovano.

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