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L'ibernazione umana

di Andrea Liistro
L'ibernazione umana è un processo molto particolare che viene utilizzato per tutte le persone che vogliono compiere questa azione. Vi parlerò di come funziona, quali sono le aziende coinvolte partendo della ragazzina britannica ibernata poco tempo fa.

Qualche mese fa, sui vari quotidiani e telegiornali, è uscita la notizia che ha catturato la mia attenzione: una ragazza britannica di 14 anni, affetta da una rara forma di cancro, ha deciso con il consenso del giudice e dei suoi genitori, di non essere sotterrata alla sua morte, ma di essere conservata attraverso la criopreservazione, meglio nota come ibernazione. Probabilmente la ragazza spera che in un futuro possa svilupparsi una tecnologia in grado di guarirla dal suo male, al momento incurabile.

La criopreservazione esiste per ora soltanto negli Stati Uniti e in Russia, ma si tratta di un mercato raro, infatti soltanto 3 aziende nel mondo esercitano questo tipo di attività: Alcon (U.S.A), Cryonics (U.S.A) e la KrioRus (Russia).

L’ibernazione è composta da un processo molto preciso che ora voglio sintetizzare.

Innanzitutto deve essere dichiarata la morte legale cioè quella cardiaca, dopo di che si immettono delle sostanze nel corpo per evitare possibili danni come per esempio ulcere, ischemie…

Dopo questo processo il corpo viene immesso nell’azoto liquido e portato ad una temperatura di circa -196 gradi.

Con quest’ultimo processo inizia la conservazione nel corpo.

Spostandosi sull’aspetto economico, i costi non sono affatto bassi: l’azienda più cara è la Alcon che chiede circa 200'000 dollari per conservare tutto il corpo, oppure 80'000 dollari solo per il cervello.

Questa strana distinzione nel tariffario si basa sulla speranza che in futuro la scienza arriverà ad effettuare un trapianto di cervello, cosa che all’oggi non è possibile.

Tornando ai costi, la seconda azienda più cara è la Cryonics e la meno costosa di tutte è la KrioRus.

Pur esaminando le ragioni della ragazza in questione e il processo dell’ibernazione, c’è una domanda che ancora resta senza risposta:  “Perché alcune persone decidono di farsi ibernare?”

Se capitasse a me? Me lo sono chiesto in prima persona e, per quello che può emergere dalla mia analisi personale, ecco al momento a cosa sono arrivato.

La prima riflessione, forse un po' estrema e paradossale, è che se una grande percentuale della popolazione scegliesse l'ibernazione per una futura cura o addirittura mirando alla "vita eterna", qualora il loro intento dovesse realizzarsi, nell’arco di qualche anno è quasi certo che andremo incontro ad un fenomeno insostenibile di sovrapopolamento.

Con la seconda riflessione vorrei lasciare aperta la possibilità di studi sull'ibernazione in quanto ritengo che possano essere utili per scopi futuristici in relazione a ipotetici viaggi interstellari per i quali la durata della vita umana costituisce un limite.

Aprendo il terzo punto, secondo me l'ibernazione ad oggi non costituisce una garanzia di nuova vita futura, non può essere infatti paragonata ad una qualsiasi scelta terapeutica, si tratta anzi di un azzardo e questo mi porta alla quarta riflessione.

La persona che decide di farsi ibernare corre comunque un rischio di non tornare in vita. Se il risultato è identico, perché dunque scegliere il cimitero al posto dell’azoto?

Bisogna quindi affrontare il tema molto delicate che riguarda l'accettazione della morte.

Per quanto tragica, dolorosa e ingiusta possa sembrare a volte, a mio parere va rispettata come tappa naturale del ciclo dell'esistenza così come lo conosciamo oggi. Con questo non intendo dire che una persona non possa, di fronte alla partita con la morte, utilizzare tutte le carte a sua disposizione, ma credo comunque che debba mantenere un certo grado di realismo e di consapevolezza.

Nel nostro caso, la ragazza britannica, giocando la sua personale partita contro la morte, in un certo senso ha “barato” volendo ricorrere all’ibernazione, così avvenieristica oggigiorno. Avrebbe potuto vivere la morte, invece ha scelto di rimandarla.

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