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La mia vita americana

di Francesca Giacometti
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Un semestre all’estero in America mi ha regalato infinite emozioni. Quando parti quello che accadrà non lo puoi sapere, non avevo idea che dall’altra parte del mondo avrei vissuto totalmente una nuova vita. Ho incontrato persone fantastiche, pronte a volermi bene come se mi conoscessero da sempre. Ho fatto cose che prima non potevo nemmeno immaginare. Ho imparato ad essere una ragazza indipendente ma soprattutto ho ritrovato me stessa, capendo davvero chi sono e cosa voglio. 

Sono molte le persone che sognano di andare all'estero, poche sono quelle che effettivamente lo fanno. Non intendo “andare all'estero” in vacanza o per vedere monumenti importanti, ma per entrare effettivamente a far parte di una nuova comunità. Io posso dire di aver avuto la fortuna di aver realizzato questo sogno: il 20 Agosto sono partita per trascorrere quella che sarebbe diventata l’avventura per me più entusiasmante.

E così, alle sei di mattina in un bel mercoledì di quattro mesi fa, ho lasciato Milano per andare verso una nuova vita in Florida e trascorrere quattro mesi in una cittadina chiamata Coconut Creek, ad un'oretta di viaggio dalla grande Miami. Ero pronta per assaggiare quello che è la vita americana. 

La scuola che ho frequentato si chiama North Broward Preparatory School, un campus molto grande che ha anche i dormitori per gli studenti internazionali. Io vivevo nel “dorm”, quindi ho condiviso la stanza con altre tre ragazze (due brasiliane e un'austriaca) e ho vissuto con altri cento fra ragazzi e ragazze da tutto il mondo. Cinesi, italiani, spagnoli, brasiliani, messicani, americani, giapponesi, russi, ucraini tutti sono lo stesso tetto. 

Amici, famigliari e genitori dall'altra parte dell'oceano. Sei ore di fuso orario. 30 gradi di differenza. Pulire e sistemare la camera senza l’aiuto della mamma. Imparare a farsi lavatrice e asciugatrice. Convivere con ragazzi di tutto il mondo, più o meno della mia età. Insomma, una vita quasi totalmente da ragazza indipendente… dico “quasi” perché con noi nei dormitori c'erano i “dorm parent”. Tre dorm parents gestivano il dorm maschile e altre tre quello femminile. Il loro compito era di controllarci ma anche aiutarci nel caso avessimo bisogno, come se fossero i nostri genitori del dormitorio. Le dorm parent  erano dolci, gentili e affettuose, ma guai a non rispettare le regole!  

All’inizio, i primi giorni, questa vita quasi mi spaventava: il disordine totale in camera, il bagno in comune con molte altre ragazze, la corsa per accaparrarsi le lavatrici, i dorm parent pronti a controllarci 24 ore su 24, la cena molto presto, una lista di regole infinite, il cibo della mensa americana non buono, la scuola dalle 8:25 alle 15:35 e infine molti orari da rispettare... 

Tutto ciò lasciava quasi pensare che sarebbe stata una vita da carcerata e invece no, io di quella vita me ne sono innamorata. Mi sembrava di vivere in un film, infatti questa esperienza è stata per me come una seconda vita. 

Durante la settimana, la colazione era alle 7:45, con tutti gli altri ragazzi del dormitorio in mensa. Alle 8:25 iniziava la prima ora, le ore duravano 50 minuti ed erano in totale 7 periodi. Il martedì e il mercoledì erano chiamati "fusion day", perché al posto di fare 50 minuti per classe, la durata diventava di 1h e mezza. Il martedì facevamo solo i periodi dispari (prima, terza, quinta e settima ora) e il mercoledì solo le ore pari (seconda, quarta e sesta ora), in questo modo finivamo scuola sempre al solito orario e non più tardi. Prima della sesta ora avevo il pranzo che sono altri 50 minuti di pausa. Fra un'ora e l'altra ci sono 5 minuti di tempo, ben marcati dalle campanelle, in cui gli studenti devono cambiare le classi. Perché al contrario della scuola italiana, ciascuna materia ha la propria classe, quindi in base al proprio "schedule" (che è l'orario settimanale delle lezioni), bisogna muoversi da classe a classe. Alla fine della scuola si tornava in dormitorio e nel pomeriggio andavo o in piscina o in palestra. Alle 18 c'era la cena in mensa e poi alle 19 prep time. Prep time è il momento dedicato ai compiti: porte delle camere aperte e tutti a studiare perché i temibili dorm parent ci controllavano. Volendo avevamo anche una biblioteca nel campus a disposizione. Quindi tutti studiano durante il prep time, ma attenzione, gli indipendent potevano invece fare quel che volevano. Infatti gli “indipendent” sono quei studenti che hanno almeno quattro materie con A. Io ero independent ma comunque andavo a studiare in libreria per concentrarmi al meglio. 

In America ci sono moltissime materie, e in più ognuna di esse ha diversi livelli: c'è il livello “base” che è abbastanza facile, "honors" che è poco più difficile e infine i programmi AP e IB che sono di preparazione per l'università quindi molto difficili. Ciascuna materia vale un punteggio in base alla difficoltà, il quale contribuisce a determinare il GPA scolastico. Il GPA vale da 1 a 5, e sarebbe simile alla media scolastica italiana. Università e college per l'ammissione guardano i GPA degli studenti: più è alto meglio è. 

La scuola americana è completamente diversa da quella italiana. I voti non vengono espressi in numeri ma in lettere da A+ a F. Non esistono interrogazioni orali se non presentazioni. Esistono due tipi di voti: "summative" che sono i test importanti e "formative" che sono le valutazioni dei compiti o attività di preparazione fatti in classe. I test vengono valutati con le lettere, i quindi incidono sul voto della pagella. Mentre i formative, vengono valutati su una scala da 1 a 4 per dar un'idea del proprio andamento. Test e quiz sono molto frequenti ma sono molto più semplici rispetto a quelli italiani. I quiz sono a crocette, mentre i test sono un po' più complessi e impegnativi ma la maggior parte delle volte vertono su pochi argomenti quindi risultano veloci da studiare. 

Tornando alla mia giornata tipo, dopo "prep time" avevamo tempo libero e quindi solitamente ci ritrovavamo tra noi italiani fuori dal dormitorio. Dalle 22 in poi, maschi e femmine rientravano separati nei dormitori: ciascuno nel proprio. Qui solitamente avvenivano le reunion femminili per chiaccherare e spettegolare. Una delle mie parti preferite della vita in dormitorio! Infine alle 23:30 luci spente, bisognava andare a dormire. 

Questa esperienza è stata la più bella della mia vita. Nonostante fossi lontano dalla mia Italia, lì sono riuscita a sentirmi a casa. Ho incontrato persone fantastiche, alle quali sono molto affezionata. Le mie compagne di stanza sono diventate come delle sorelle per me infatti ci sentiamo tutt'ora quasi ogni giorno. Questa vita americana mi ha regalato delle esperienze bellissime: i balli della scuola, gli school-bus gialli, gli armadietti nei corridoio, enormi mense dove ciascun tavolo ha caratteristiche precise, le partite di football americano, le cheerleader, le uniformi, sono tante cose che ho potuto finalmente vivere in prima persona e non solo davanti alla tv. Grazie all'uragano Matthew ho vissuto anche l'esperienza di un'evacuazione alle 5 di mattina per "scappare" dalla tempesta in arrivo e rifugiarci dall'altra parte della Florida. 

Oltretutto, mi sento anche molto cresciuta, sicuramente il mio inglese è migliorato ma in particolare mi sento più matura e indipendente. Mi sento pronta per affrontare altre avventure, perché in questi mesi ho imparato a credere molto di più in me stessa e a prendere le decisioni giuste. 

Nel weekend invece c'era più flessibilità, il brunch era dalle 11:30 alle 13 mentre nel pomeriggio c'erano sempre attività da fare. La cena era dalle 17 alle 18 e potevamo stare fuori dal dormitorio fino alle 23. Ovviamente si andava a letto quando si voleva, e noi ragazze solitamente ci fermavamo sui divani nella sala principale per vederci dei film tutte insieme fino a tarda notte. Per fare qualcosa di diverso si poteva chiedere ai dorm parent di portarci dove volevamo: cinema, spiaggia, centro commerciale... Alcune volte, in caso di weekend lungo, andavo a Miami, così da diversificare un po' dalla vita in dormitorio. Ecco qui la mia vita americana! 

Lasciare quel posto è stato davvero una dura prova, gli addii non mi sono mai piaciuti, tante lacrime e tanti abbracci hanno infatti caratterizzato gli ultimi giorni di permanenza nella scuola. Ma soprattutto la parte più difficile del partire è stata realizzare che la fine della mia esperienza all'estero era sempre più vicina. Ho vissuto ogni singolo giorno, non ho mai perso occasioni o opportunità, ho voluto sfruttare al meglio questi quattro mesi facendo tutto ciò che potevo. Sono molto fiera di aver preso la decisione di andare in America a studiare. Ogni giorno c'era qualcosa di nuovo da scoprire e ammirare, ma soprattutto ogni giorno era sempre più bello...

Avrei voluto durasse di più, certo, ma comunque questi quattro mesi sono stati molto intensi e assolutamente stupendi! Ho realizzato uno dei miei sogni e di questo ne sono molto felice e grata. Sono certa che questo "bagaglio americano" mi potrà essere molto utile per il futuro. 

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