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In che cosa consiste il referendum?

Domenica 17 Aprile si è votato il referendum abrogativo sulle concessioni petrolifere, gli elettori hanno dovuto scegliere se l'estrazione di idrocarburi (composti organici usati come combustibile) entro 12 miglia di distanza dalla costa italiana, deve continuare fino alla fine della concessione o fino all'estinzione del giacimento.

Per rendere valido il referendum abrogativo, bisogna raggiungere il quorum, questo vuol dire che il 50% più 1 degli aventi diritto di voto devono presentarsi ai seggi ed esprimere la loro preferenza.

 

Dei sondaggi precedenti al 17 Aprile mostrano che i "si" erano in vantaggio con il 65% dei voti, il 14% erano per il "no" e i rimanenti 21% erano indecisi. Inoltre secondo i sondaggi il 75% degli elettori aveva ammesso che sarebbe andato a votare il 19% non avrebbe votato e il 9% si doveva ancora decidere, se fosse stato così il quorum del 50% si sarebbe raggiunto e le trivelle entro le 12 miglia sarebbero state smantellate.

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Le Votazioni:

Infatti il 17 Aprile solo il 31,1% degli elettori è andato a votare, così non avendo raggiunto il quorum, la vittoria dei "sì" con un parziale dell'85,8% è stata inutile, e le estrazioni entro le 12 miglia possono durare fino alla fine dei giacimenti. Le regioni con più affluenza sono state: Basilicata, che con un'affluenza del 50,5% è stata l'unica regione a raggiungere il quorum, segue la Puglia è il Veneto, invece la regione con minore affluenza è stata il Trentino, con il 23,8%.

Referedum sulle trivelle

di Francesco Cavagna

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Se il referendum fosse passato, 92 trivelle su 135 totali presenti nei mari italiani sarebbero state smantellate al termine della loro concessione, perché si trovano  entro 12 miglia dalla costa.

Lo stato rilascia dei permessi di trent'anni alle compagnie petrolifere, prolungabili la prima volta per dieci anni, la seconda e la terza per cinque anni; così, stando ai contratti in vigore, il primo smantellamento di una piattaforma sarebbe avvenuto tra due anni, mentre l'ultimo nel 2034; la maggior parte delle piattaforme a rischio sarebbero state dell'Eni, con 76 impianti, seguita da Edison con 15 piattaforme e Rockhopper con un impianto soltanto.

 

Il motivo principale per cui si è votato è per la salvaguardia dell'ambiente, infatti un incidente anche di piccole dimensioni potrebbe causare gravi danni all’ecosistema, al turismo e alla pesca.

D’altra parte nei mari europei ci sono quasi 900 piattaforme, il maggior numero di strutture sono nei mari del Regno Unito(486 impianti) l'Olanda segue con 181, poi l'Italia con 135 e la Danimarca con 61.

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Ragioni per votare pro o contro:

Ragionando a posteriori e a mente fredda, è evidente che nel referendum sia votando “si” che votando “no”, ci sono dei pro e dei contro.

Alcune associazioni ambientaliste e il Movimento 5 Stelle, favorevoli al referendum, sostengono che è un primo passo per puntare sulle energie rinnovabili. Quindi chi è favorevole al “si” lo fa per l'ambiente. Problema questo abbastanza urgente dato che secondo l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca, l'inquinamento tra il 2012 e il 2014  ha superato i livelli stabiliti, mettendo a rischio anche il settore della pesca. Le cause principali sono state: il traffico navale, gli scarichi urbani e il turismo estivo.

Greenpeace sostiene che se in Italia ci si affida solamente alle riserve sottomarine, il petrolio estratto basterebbe solo per due mesi, stesso discorso per il gas che invece non durerebbe neanche sei mesi. Quindi la loro tesi è “perché rischiare così tanto per guadagnarci così poco?”, in effetti queste estrazini non ci permetterebbe neppure di renderci indipendenti dagli altri paesi.

 

Chi sta dalla parte del “no” dice invece che è proprio continuando le trivellazioni che si inquinerebbe di meno! Perché estraendo in Italia parte degli idrocarburi utilizzati, si evita il passaggio di petroliere nei mari italiani. Il segretario della Cgil, Emilio Miceli sostiene che il “no” difende gli investimenti, e migliaia di posti di lavoro, e che anche se avesse vinto il “si” paesi come Grecia, Croazia e Montenegro continuerebbero a estrarre idrocarburi nell'Adriatico. Insomma non si sarebbe arrivati in ogni caso ad una soluzione apprezzabile.

Inoltre le aziende che hanno acquisito le concessioni per l'estrazioni di idrocarburi, oltre alle tasse, pagano allo Stato le royalties, che sono imposte sul valore di vendita del gas e del petrolio estratto, in Italia sono 7% per il gas e 4% per il petrolio. Nel 2015 le royalties hanno prodotto un'entrata di 352 milioni di euro a vantaggio dello stato; votare per il “no” significava anche far evaporare una certa quantità di capitale.

 

 

Come che sia, il quorum non è stato raggiunto… e si continua come si è sempre fatto, senza aver capito veramente cosa c’era in gioco.

scheda elettorale del referendum

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